Visioni corsare


Credo che gli architetti siano le persone meno indicate per parlare di architettura, urbanistica e tutto ciò che ne deriva. Se l’architettura è fatta per l’uomo – concetto da non dare per scontato – è giusto che sia l’uomo a parlarne, non l’architetto, l’ingegnere o l’urbanista, il cui pensiero è contaminato da dogmi, convinzioni e interessi che poco hanno a che fare con l’Abitare.
Preferisco quindi che a raccontarti la città e le sue forme sia un poeta o uno scrittore, capace di stupirsi e impressionarsi spontaneamente e ingenuamente.
Affido questo compito a uno scrittore corsaro, capace da sempre di indignare e smuovere le coscienze: Pier Paolo Pasolini.
Invitato a dare il proprio contributo ad una rubrica televisiva, Pasolini osserva la città di Orte, cogliendo subito i contrasti della città moderna, l’incoerenza delle forme compromesse dalla speculazione edilizia, il deterioramento della campagna divorata da un’edificazione senza controllo.
La società moderna, intrappolata nelle logiche ottuse del capitalismo, va incontro a uno sviluppo senza progresso e la città e il nostro modo di abitare i luoghi riflettono questa profonda crisi.
L’urbanizzazione ha portato alla coesistenza di modi di abitare, di stili e di tempi differenti tra loro e la visione di un paesaggio non è che la manifestazione simultanea di tutte le scale del tempo: ci siamo noi, un insieme di pensieri e di vissuti, e c’è la storia di cui facciamo parte.
E’ proprio il concetto di urbano ad unire la città in quanto tale e la comunità che la abita ed è su questo che Pasolini sente di doversi soffermare: un passato senza nome che nessuno difende.



Una strada col selciato sconnesso e antico non è niente, è un’umile cosa, non si può nemmeno confrontare con certe stupende opere d’arte della tradizione italiana. L’antica porta dove conduce quella strada non è quasi nulla, sono delle mura semplici, dei bastioni dal colore grigio: nessuno si batterebbe con rigore, con rabbia, per difendere queste cose. Invece io ho scelto proprio di difendere questo, scegliere la forma della città, la struttura, il suo profilo, significa proprio questo: voglio difendere qualcosa che nessuno difende, che è opera del popolo, di un’intera storia del popolo di una città, di un’infinità di uomini senza nome che però hanno lavorato all'interno di un’epoca che poi ha prodotto i frutti più estremi e più assoluti nelle opere d’arte e d’autore. Con chiunque parli, è immediatamente d’accordo con te nel dover difendere un monumento, una chiesa, la facciata d’una chiesa, un campanile, un ponte, un rudere il cui valore storico è oramai assodato ma nessuno si rende conto che quello che va difeso è proprio questo passato senza nome, questo passato popolare.”
Pier Paolo Pasolini

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